Al MET un nuovo allestimento di David McVicar conta su Marcelo Alvarez nel doppio ruolo di Turiddu e Canio.
Cavalleria Rusticana e Pagliacci sono stati uniti in una nuova interessante produzione dal Metropolitan Opera di New York. Sir David McVicar fornisce una splendida visione sottilmente contemporanea delle due vicende dimostrando come questi due frenetici racconti di gelosia e omicidio abbiano ancora il potere di scioccare. La sua regia ha alterato alcune importanti impostazioni, così entrambe le opere si svolgono nello stesso villaggio nel sud Italia, presumibilmente in Sicilia, con la Cavalleria nel 1900 e Pagliacci nel 1940. Ma nei due ambienti comuni si muovo mondi tra loro lontani che vanno dalla tragedia greca alla comica torta in faccia da avanspettacolo.
La scenografia di Rae Smith, una piazza circondata da antiche mura di mattoni, è vuota e monumentale nella prima opera, mentre diventa sfondo di un carrozzone, panni stesi e rustici pali dell’elettricità nella seconda. E così anche le luci di Paule Constable e i costumi di Moritz Junge esprimono l'oscurità, la tradizione, la religiosità per poi lasciare il posto a lustrini e colori. Sono solo i comportamenti umani che invece rimangono costanti: gli uomini bevono in eccesso e diventano violenti e le donne sono considerate pari a oggetti. Quest'ultimo punto è fondamentale per la messa in scena di Cavalleria, che mette Santuzza, sedotta e abbandonata da Turiddu, fisicamente fuori dalla comunità. La regia meticolosamente dettagliata di McVicar riassume la vita di paese in un rituale di appartenenza e non appartenenza: il coro vestito di nero, seduto su sedie di legno dritto in bilico sul bordo di un pavimento rotante, la giudica e la scaccia, relegandola su di una sedia in un angolo a destra del proscenio, dove lei rimane ogni volta che non è in realtà in scena, e talvolta anche quando lo è. Di conseguenza l'opera si focalizza ancora di più sulla evitata e affranta Santuzza: gli spettatori vedono attraverso i suoi occhi, e la angosciata, espressiva Eva-Maria Westbroek è una presenza potente in ogni momento.
Nelle suggestive immagini di scena create dalla piattaforma girevole il buio, le sedie, i costumi assolutamente uniformi e le attività del villaggio si trasformano in riti: la processione di Pasqua, l’Intermezzo in cui i coristi portano sulla scena candele che attenuano l’oscurità, il bere all’osteria. Il coro diventa così il peso della tradizione e del destino, contro cui gli individui non hanno alcun potere. Naturalmente Turiddu proseguirà la storia con la bella Lola, naturalmente Santuzza in preda alla gelosia li tradirà rivelando il segreto al marito di Lola e tutto finirà nel sangue. Vitale tenore si dimostra l’argentino Marcelo Álvarez, ideale sventurato Turiddu, il cui canto è chiaro e penetrante, piuttosto che robusto, la voce di un uomo che segue i suoi istinti, ma non ha né il peso né l'astuzia per proteggere se stesso. Il coro è coerentemente lieve e l'orchestra suona in modo superbo sotto la direzione del Maestro Fabio Luisi.
Quando il sipario si apre per Pagliacci, la religione e l'oscurità sono stati spazzati via, anche il tendone stesso è cambiato ed è blu costellato di brillanti stelle; la medesima piazza è occupata da un camion fatiscente con il teatrino sul retro, la gente del paese indossa colorati vestiti e felicemente, caoticamente saluta la compagnia viaggiante e flirta con gli artisti. Il coro ha perso, rispetto a Cavalleria, il suo protagonismo e la viva partecipazione alle lotte di vita e di morte degli interpreti; semplicemente osserva il loro presunto gioco senza riuscire a capire la differenza tra la recitazione e la cruda realtà.
Il desiderio di Álvarez di cantare entrambi i ruoli di tenore è stato il pretesto per questa nuova produzione del Met e lui si dimostra un potente Canio, realistico nel modo in cui egli ne mostra la debolezza di fondo. Il suo "Vesti la giubba" crudo e non esagerato rivela più uno scoppio di rabbia e confusione che di crepacuore.
Tutta la messinscena nella messinscena è esilarante e si notano il lavoro di Emil Wolk, consulente di vaudeville, e la partecipazione di tre clown professionali (Marty Keiser, Andy Sapora e Joshua Wynter). Colombina salta e balla con la destrezza di un’attrice di varietà (non sicuramente facile cantando), la sua comicità fisica e le esilaranti buffonate come torte schiuma da barba, una marionetta/pollo, un piatto di spaghetti rovesciato in testa e alcune uscite non convenzionali, coinvolgono il pubblico reale e quello sul palco stesso, contribuendo a instillare quel senso di insicurezza sul quando è iniziata la resa dei conti e la vita reale ha sopraffatto la finzione.